Riportiamo per intero la recensione de La riscossa populista pubblicata su Libero del 17 Marzo 2019 a firma di Alberto Busacca.
Perché il populismo non perderà
La crisi della globalizzazione, il lato oscuro dell’immigrazione, l’avvento dei populismi. Ci aveva visto lungo, Emidio Novi, capendo in anticipo quello che sarebbe successo in Italia e non solo. Lui, d’altra parte, era uno che di politica se ne intendeva. Parlamentare di Forza Italia tra il 1994 e il 2008, è stato, tra l’altro, presidente della Commissione Territorio e Ambiente del Senato. Scomparso improvvisamente nell’agosto del 2018, è da poco arrivato in libreria il suo ultimo volume, La riscossa populista (Edizioni Controcorrente, pp. 272, euro 20).
«Anche una volta terminata la sua esperienza parlamentare», scrive nella prefazione Amedeo Laboccetta, «Novi ha continuato a osservare ilmondo con il suo spirito critico e la sua capacità di analisi politica e, ancora una volta prima degli altri, ha saputo intuire gli umori che negli ultimi anni hanno pervaso l’opinione pubblica italiana ed europea», in particolare «il distacco tra popolo ed élite che ha portato i movimenti populisti a contrapporsi efficacemente a un establishment ormai logoro.»
Già, il populismo. Per Novi non è un mostro di cui aver paura. Tutt’altro. Il populismo, sostiene, «è comunità, solidarietà vissuta, cultura del dono, gioia del rendersi utile, tradizioni e valori comuni, difesa dei luoghi in cui si vive.»
Per questo i movimenti populisti stanno costruendo «un nuovo umanesimo politico, dove gli uomini contano più delle compatibilità economiche, dei vincoli esterni dell’Europa e della globalizzazione.»
Proseguendo su questa strada, Novi arriva poi a difendere un’altra parola odiata dai sostenitori del mondialismo: confine. Spiega: «Nel tempo della globalizzazione mondialista, il confine è il vallo che difende i nativi. La nazione prima di tutto è la prospettiva del ritrovarsi popolo. Il confine difende l’ordine, la legge, la moderna statualità. Il confine della nazione è alternativo all’impero deterritorializzato turbofinanziario. Che è potere cieco, avido, disumano.»
È una guerra anche ideologica, quindi, quella tra populismo e mondialismo. Una guerra complicata, anche se, dice Novi, «fino
a qualche anno fa il populismo non era considerato una alternativa concreta, tantomeno minacciosa, per l’ordine costituito.»
Poi, però, negli ultimi anni qualcosa è cambiato. Ed è arrivato il momento della “riscossa populista”: «Con coraggio, con l’uso determinato anche dei nuovi mezzi di comunicazione digitale, le idee populiste sono dilagate nella consapevolezza dei popoli.»
Un’onda che è arrivata in Grecia, in Germania, in Austria, in Inghilterra. E, naturalmente, in Italia, principalmente grazie alla Lega di Matteo Salvini. Lo scontro è ancora in corso. Ma per Novi, quando si manifesta “l’autorganizzazione degli esclusi”, la conclusione è già scritta. «È un fiume carsico che all’improvviso fuoriesce impetuoso e inarrestabile dalle viscere dei popoli. Impetuoso e inarrestabile.» Fermarlo non è possibile.
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